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Gli italiani in Romania in tempi di crisi economica

Situata nell’Europa Sud-Orientale, a Nord della Penisola Balcanica, sul Danubio inferiore, in riva al Mar Nero ed intorno all’arco dei monti Carpazi, la Romania si trova a metà distanza tra il Polo Nord e l’Equatore e ad equa distanza tra le estremità dell’Europa Occidentale ed Orientale.
Con i suoi 238.391 kmq, la Romania, a forma ovale, ha la stessa dimensione della Gran Bretagna; è il 13° paese come grandezza del territorio nell’Europa e 80° nel mondo, con una estensione di 735 km da Est ad Ovest e di 530 km da Nord a Sud. Le origini risalgono alla conquista della Dacia sotto l’imperatore Traiano del 106 d. C. mentre la popolazione derivava dagli indoeuropei Traci. Nel medioevo esistevano tre distinti principati: Valacchia, Moldavia e Transilvania diventati due dopo il 1859 con l’unificazione della Moldavia e della Valacchia che ha dato vita, nel 1862, al nome România. Nel 1918, alla fine della prima guerra mondiale, le altre province abitate dai romeni (Bassarabia, Bucovina e Transilvania), si uniscono alla România.
Sin dal 1857, la Romania è stata, per 120 anni, la seconda produttrice europea di greggio e una delle prime nel mondo nella produzione di gas naturali. La fertilità del terreno ha permesso alla Romania di essere, fino alla seconda guerra mondiale, uno dei maggiori produttori europei di grano. La politica economica, condotta dopo la guerra, dal regime comunista, è stata fondata sulla proprietà di stato, la pianificazione rigida e la collettivizzazione forzata nelle campagne e ha frenato lo sviluppo. Dopo il rovesciamento della dittatura di Ceausescu nel 1989, la politica di ristrutturazione, per mezzo delle privatizzazioni e degli investimenti stranieri, è diventata l’obiettivo maggiore dei governi romeni fino all’annessione all’Unione Europea del 2007.

 

L a  R o m a n i a  o g g i

La Romania è, tra i Paesi dell’Unione Europea, quello che si è distinto per il maggior tasso di crescita economica in questi ultimi anni, pur avendo segnato il passo ultimamente per effetto della crisi economica e finanziaria mondiale che si è manifestata nei primi mesi del 2009.
Attualmente rappresenta il secondo grande mercato dell’Europa Centro Orientale dopo la Polonia ed ha registrato livelli progressivi di crescita a seguito dei crescenti investimenti da parte di imprese e Paesi stranieri, favoriti anche dalla posizione geografica strategica anello di comunicazione tra l’Europa e l’Asia Centrale. Tra i principali settori di attività, che hanno contribuito in questi anni a rendere competitiva la Romania, si evidenziano in maniera predominate il settore dei servizi e quello delle costruzioni, oltre al settore agricolo e all’industria che contribuiscono in maniera rilevante alla formazione del PIL.
I rapporti economici tra la Romania e l’Italia sono stabili e favoriti soprattutto dalla disponibilità dei fondi strutturali dell’UE, che rendono appetibile la partecipazione delle imprese italiane a progetti di sviluppo in Romania, grazie soprattutto alla grande recettività del Paese degli scambi commerciali, caratterizzati dalla prevalenza delle esportazioni sulle importazioni.
Investire in Romania per gli imprenditori italiani è conveniente e non solo per essi, ma anche per gli altri paesi europei tra i quali l’Italia si colloca al 4° posto per capitale investito e la presenza di imprese presenti sul territorio dopo l’Olanda, l’Austria e la Germania. Per l’import-export si segnalano anche la Francia e diversi paesi dell’Est-Europa come le confinanti Ungheria e Ucraina nonché la Turchia.
I settori maggiormente attrattivi sono quelli delle costruzioni, dell’energia, dell’ambiente e dell’agricoltura: il capitale è valutato a oltre 850 milioni di euro con preponderanza, sia nell’export che nell’import, di macchinari e dispositivi meccanici, apparecchiature e attrezzature elettriche, materiali tessili, prodotti minerali e prodotti gomma-plastica e anche prodotti alimentari.

 

I t a l i a – R o m a n i a – I t a l i a : u n  r a p p o r t o  a n t i c o  e  m o d e r n o

Nel passato la Romania è stata un paese di immigrazione. Tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale vi si trasferirono 130.000 italiani, in varie ondate per lo più a carattere temporaneo e per questo motivo i lavoratori coinvolti sono stati spesso chiamati le “rondini”, in friulano “las golandrinas”, facendo essi la spola, nell’avvicendarsi delle stagioni, tra la Romania e la loro terra d’origine al fine di evitare le pause morte, curare le proprie terre e mantenere i legami con la famiglia e il paese. Col tempo, però, la permanenza tese a prolungarsi e a rendere meno frequente la prospettiva di ritorno e per questo, già negli anni ’70 del XIX secolo, fu chiesto al vescovo cattolico di Bucarest, mons. Ignazio Paoli, un parroco per le famiglie italiane (agli scambi migratori tra Italia e Romania sono stati dedicati due recenti volumi delle edizioni IDOS: Franco Pittau-Antonio RicciAlessandro Silj, Romania. Immigrazioni e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive, Idos, Roma, 2008 e Franco Pittau-Antonio Ricci-Laura Ildiko Timsa, I romeni in Italia tra rifiuto e accoglienza, Idos, Roma, 2010).
Gli sbocchi lavorativi riguardavano in prevalenza l’edilizia e la costruzione delle ferrovie. I friulani erano boscaioli esperti e operavano, inoltre, come muratori, calpellini, tagliapietre e minatori. Nel complesso, gli italiani erano così apprezzati da ottenere salari più vantaggiosi e riuscire a mettere da parte risparmi consistenti. 
Singolare fu il ruolo dei numerosi “Baumeister”, piccoli e medi impresari edili (specialmente friulani), in grado in Romania, come altrove, di aggiudicarsi sul finire dell’Ottocento appalti in vari settori e specialmente nella costruzione della Transiberiana: nel 1845 erano italiani 23 dei 116 ingegneri occupati presso la Compagnia ferroviaria romena, mentre furono 2.000 gli operai italiani impiegati per la costruzione del ponte ferroviario di Cernavoda.
Si può ipotizzare che all’inizio del 1900 gli italiani stanziali in Romania fossero tra i 3.943 (di cui 1.070 donne, secondo fonti romene) e da 5.709 a 8.000 unità (secondo fonti italiane): nel 1927 il loro numero salì 12.246, tra stanziali stabilmente e non.
Con lo scoppio della grande guerra quasi tutti i lavoratori italiani che avevano conservato la cittadinanza (o passaportari) dovettero rientrare in patria, richiamati alle armi, mentre i naturalizzati romeni (i cosiddetti “agricultorii”) dovettero prendere servizio per l’esercito romeno. Concluso il conflitto, i flussi ricominciarono, anche per le sopravvenute difficoltà di emigrare negli Stati Uniti. Tra le due guerre si stima furono coinvolti nei flussi migratori 60.000 italiani, con una presenza stabile di 8-10.000 unità e flussi annuali di 2.000-2.500 persone. Venne assicurato un prezioso contributo alla prima industrializzazione della “grande Romania” e non poche furono le storie di successo, che ebbero fine con la svalutazione del leu, per cui molti chiesero di ritornare. Alla fine del secondo conflitto mondiale rimasero in Romania soltanto 8.000 italiani. Il regime comunista, con il cambio della moneta e la nazionalizzazione, vanificò le fatiche degli emigrati che per legge, se residenti prima del 26 settembre 1920, diventarono cittadini romeni. Vennero chiuse anche le stesse istituzioni diplomatiche e culturali italiane e contrastata l’assistenza religiosa assicurata dai sacerdoti cattolici (solo nel 1967 venne riaperta la chiesa italiana di Bucarest).
Caduto Ceausescu, la nuova Costituzione ha riconosciuto agli emigrati italiani lo status di minoranza etnica e il diritto di eleggere un proprio parlamentare (Antonio Ricci, “Romania: L’emigrazione italiana da fine Ottocento ad oggi” in Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo, Idos, Roma, 2007, pp.129-130).
Nel complesso, gli italiani diedero un grande contributo all’industrializzazione della “grande Romania” ed erano così apprezzati da ottenere salari più vantaggiosi e da riuscire a mettere da parte risparmi consistenti. A questi si sono aggiunti i nuovi imprenditori, tant’è che l’Aire conta ad aprile 2010 quasi 3 mila italiani in Romania per il 31% donne. Si tratta soprattutto di giovani in età da lavoro (il 35% ha tra i 18 e i 49 anni), quasi per la metà coniugati (48,5%). Guardando alle motivazioni di iscrizione all’anagrafe del Ministero dell’Interno il 73,5% si è iscritto all’Aire perché emigrato e questa è un’ulteriore prova della recente ma non recentissima  migrazione, risultando più del 40% residente in Romania da 5 anni.
In questa fase la Romania sta conoscendo un’evoluzione per molti aspetti simile a quella italiana dei decenni scorsi e, pur continuando a essere paese di consistente emigrazione e dopo essere già divenuta area di passaggio, si sta trasformando in area di immigrazione e quindi anche di insediamento stabile. Hanno superato da alcuni anni le 100 mila unità le persone nate all’estero che vivono in Romania, concentrate nelle città e, in particolare, a Bucarest, ma il loro numero è destinato ad aumentare. La penuria di manodopera sta portando a reclutare non solo i lavoratori dei paesi vicini (ucraini, moldavi, serbi), ma anche quelli di lontani paesi asiatici (bengalesi, pakistani, indiani) come anche immigrati della Cina, con la quale c’è una linea diretta.
L’emigrazione dei romeni verso l’Italia inizia, invece, dopo la rivoluzione del 1989 in contrapposizione e in contemporanea rispetto all’evoluzione del flusso migratorio italiano in Romania, che è andata trasformandosi dal punto di vista economico ed industriale. 
La Romania e un paese dove è garantita la salvaguardia degli investimenti. La fiscalità è vantaggiosa sia per gli imprenditori che desiderano effettuare investimenti o sviluppare rapporti di affari. Oggi sono circa 800.000 i romeni che in Romania lavorano per imprese condotte con capitale italiano. 
Sotto il regime di Ceausescu la presenza italiana era caratterizzata da grossi gruppi industriali che operavano per la realizzazione di grandi impianti, tra questi alcune società dell’Eni, e, in particolare, il Gruppo Ansaldo che cominciò la sua attività contribuendo alla costruzione della centrale nucleare di Cernavoda.
Dopo il 1989 anche piccole e medie aziende italiane hanno delocalizzato la loro attività in Romania e operano attualmente, nel settore dell’abbigliamento, delle calzature e delle infrastrutture; tra queste ultime le più importanti sono l’Enel, l’Eni, e Italstrade, che ha costruito l’Aeroporto di Bucarest Hanri Coanda. Dopo la caduta di Ceausescu si sono concentrati prevalentemente su produzioni a basso costo, ovvero su lavorazioni “per conto”, utilizzando materie prime o semilavorate provenienti dall’Italia e destinate ad alimentare mercati esteri più “ricchi”, tanto che quasi l’80% della produzione veniva esportata.
Oggi sono oltre 20.000 le piccole e medie imprese italiane che operano direttamente sul posto, incentivate dai bassi costi per la costituzione di società e dalla facilità di reperimento di manodopera, anche specializzata multilingue (inclusi gli italiani). 
Prima della crisi economica del 2009, le occasioni di investimento non sono mancate in tutti i settori, dall’agricoltura all’industria come anche nel commercio, nei servizi e nel turismo. Praticamente quasi tutti i settori economici offrono possibilità che in Italia sono impensabili.
All’inizio degli anni ’90 la Romania è emersa sullo scenario europeo come un paese a forte pressione migratoria. Inizialmente furono le minoranze etniche ad emigrare (quella sassone, ungherese e in parte rom). Dopo la caduta del regime, sono state chiuse numerose fabbriche e molti non sono sopravvissuti al passaggio verso una economia di mercato e hanno finito coll’emigrare.
I romeni, che in Italia erano appena 8.000 nel 1990, sono andati continuamente aumentando, fino a diventare, attualmente, un milione circa: cento volte di più nel volgere di due decenni, diventando la collettività più consistente, prima degli albanesi e dei marocchini anche se spesso soggetti a forme di sfruttamento (lavoro nero e caporalato) e di discriminazione. 
L’intero territorio italiano è attualmente interessato dalla presenza rumena. L’originaria presenza nell’area romana si è estesa, soprattutto negli ultimi anni, a tutto il Lazio, in particolare ai Comuni intorno al capoluogo romano, così come i nuclei di insediamento storici di Torino e Milano hanno finito per interessare, quasi per intero, le rispettive regioni di appartenenza. In generale, oltre alla provincia di Roma e nelle aree più dinamiche del nostro sistema produttivo (Nord Est e dorsale adriatica), la presenza romena riguarda ormai l’intero territorio nazionale.
Da parte della Romania è molto sentita la “questione emigrazione”, dal momento che circa un quarto della propria forza lavoro si trova all’estero e si mostra interesse anche all’immigrazione di ritorno per sostenere la crescita economica che, però, ha conosciuto una battuta d’arresto in questi ultimi anni.

 

R o m e n i  i n  I t a l i a  t r a  s t e r e o t i p i  e  p r e g i u d i z i

In Italia, l’inserimento dei romeni non è stato facile a causa di un clima di diffidenza che, al lungo prolungato ed esasperato ha portato al pregiudizio anche a livello di interscambio di affari.
L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR), sulla base delle segnalazioni ricevute, ha tracciato un quadro delle più ricorrenti situazioni di discriminazione e di disparità che caratterizzano i romeni, i quali appaiono in realtà più vittime che “untori”:
• diffusione di un’informazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti i romeni;
• mancanza di informazione, di assistenza legale e di formazione a beneficio dei romeni che arrivano in Italia;
• sfruttamento sul luogo di lavoro, specialmente nel settore edile, primato dei romeni negli infortuni mortali e molestie sessuali subite dalle donne durante l’accudimento;
• perseguimento della sicurezza pubblica con atteggiamenti spesso intimidatori, come emerso durante i controlli effettuati sul territorio;
• riscontro di difficoltà burocratiche e di atteggiamenti ostili tra gli operatori pubblici con conseguente ostacolo ai romeni nella fruizione dei servizi sociali;
• persistenza di specifiche difficoltà al momento di procedere alle iscrizioni anagrafiche;
• segnalazione di impedimenti che hanno ostacolato l’esercizio del diritto di voto nelle elezioni amministrative italiane del 2007 (qualche comune ha addirittura preteso una traduzione legalizzata della parola “Bucaresti”, nome romeno della capitale).

Il sociologo Rando Devole, di nazionalità albanese, a tal proposito illustra quanto la paura, in una società caratterizzata dalla precarietà, possa diventare ideologia e portare il paese a  diventare ostaggio di questo sentimento, finendo per parlare di ladri e assassini anziché di muratori e badanti (Rando Devole, “Media e romeni: un anno vissuto paurosamente”, in Franco Pittau – Antonio Ricci – Alessandro Silj, Romania. Immigrazione e lavoro in Italia, Idos, Roma, 2008, pp. 150-157).
Comunque, riprendendo uno dei pochi titoli equilibrati su questa collettività con cui è stato titolato un servizio sul primo forum degli emigrati romeni svoltosi a Milano, nel 2008, si può sottolineare che vi sono frange di persone che si comportano male mentre la stragrande maggioranza non ha addebiti penali (Cesare Guezzi, “Noi, romeni d’Italia. Siamo un milione. Pochissimi i Criminali”, in Avvenire, 25 maggio 2008, p. 8).
Più serio è il problema delle organizzazioni malavitose romene, che si occupano di immigrazione clandestina, tratta degli esseri umani, lavoro nero, traffico di sostanze stupefacenti, contraffazione, clonazione di carte di pagamenti, accattonaggio con sfruttamento di minori e di storpi, circuito della prostituzione (le ragazze vengono reclutate con violenza nelle zone più povere della Romania). È infondato, invece, equiparare la normale immigrazione alla delinquenza, come ha sottolineato il VI Rapporto Cnel sugli Indici di Integrazione in Italia presentato il 13 luglio 2010 (per consultare il volume si veda il sito www.cnel.it).
Preoccupante è anche il fatto che una quota consistente di minori stranieri denunciati per reati contro il patrimonio è romeno per lo più di sesso femminile e in prevalenza rom. I romeni, inoltre, sono numerosi tra i minori non accompagnati, abbandonati o “venduti” dai genitori o essi stessi desiderosi di sfuggire a un regime familiare oppressivo. Ciò ha evidenziato, sia per i rom che per i minori non accompagnati, la necessità di strategie di intervento più incisive volte ad arginare, se non a superare, questi fenomeni a livello nazionale ed europeo.

 

I t a l i a n i  i n  R o m a n i a  t r a  s u c c e s s i  e  i n s u c c e s s i

Dall’indagine Migrantes 2010 promossa dalla Fondazione Migrantes si è estratto il campione relativo alla sola Romania approfondendone i risultati e l’analisi (cfr., Infra, pp. 313-320).
Attraverso gli uffici del patronato Sei-Ugl sono stati somministrati 200 questionari ad altrettanti italiani presenti sul territorio romeno. Sono emersi spunti interessanti, utili a precisare il profilo di chi sia oggi l’italiano che vive da immigrato in questa nazione maggiormente conosciuta come paese di emigrazione: si tratta in prevalenza di maschi, in età lavorativa (dai 30 ai 40 anni), celibi e senza figli, originario del Centro-Italia (prevalentemente Lazio e Toscana), iscritti all’Aire, in possesso del diploma di scuola media superiore, nati in Italia e certi di rientrare nel Belpaese.
Concentrando l’attenzione sui dati statistici che emergono dai questionari somministrati, il campione è costituito prevalentemente da maschi (62,3%), il 36% dei quali ha tra i 30 e i 44 anni (e il 27% tra i 18 e 29 anni). Di seguito le altre caratteristiche: celibi (35,5%) o conviventi (20%), senza figli (65%) e con titolo di studio medio-alto (64,5% titolo liceale, 10% diplomato in istituto tecnico-professionale e il 15% laureato); iscritti, nell’86% dei casi, all’Aire soprattutto per i benefici che derivano dalla cittadinanza (39%) e solo in un secondo momento per la possibilità di votare (29%). Nati in Italia, il 36% è in Romania da 5 anni, un altro 36% è emigrato da meno di 10 anni; coloro che hanno superato i 15 anni di residenza in Romania sono solamente il 2%. Risiedono prevalentemente a Bucarest (26%), a Baia Mare (18%), Deva (16%), Oradea (14%), Cluj (12%); al di sotto del 10% troviamo Iasi, Ploiesti, Sibiu e Snago. Provengono da tutte le regioni italiane, ma maggiormente dalle regioni centrali: il 20% è partito infatti, dal Lazio mentre un 13% è partito dalla Toscana. Da sottolineare, comunque, il 7% di Lombardia e Campania, il 6% del Piemonte e il 5% dell’Umbria.
Il 55,5% degli intervistati pensa di rientrare in Italia (soprattutto per la nostalgia avvertita e per la famiglia lontana, entrambe le motivazioni incidono per il 24%) e questo nonostante la generale condizione positiva (60%) di vita dichiarata a cominciare dall’assenza di problemi linguistici: il 67% dichiara, infatti, di conoscere la lingua in maniera ottima (e il 31% in modo sufficiente); il 50% dice di avere un lavoro sicuro; il 58% si dichiara soddisfatto della retribuzione percepita e ben il 75% dice che le proprie condizioni economiche sono migliorate a seguito della emigrazione.
Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti (46%) o autonomi (20%) inseriti nell’industria (32%) o nel settore terziario (21%). In generale la situazione è migliorata con l’emigrazione e più della metà (52%) dice di non aver trovato difficoltà una volta giunto in Romania. Chi, al contrario, dice di aver trascorso momenti difficili (prevalentemente a causa della ricerca del lavoro e per la mancanza di sostegno da parte delle autorità consolari) oggi afferma di averle superate.
In generale questi emigrati hanno raramente avuto bisogno di farsi aiutare economicamente ma, quando ciò è avvenuto si sono rivolti ai familiari, tanto a quelli rimasti in Italia che a quanti emigrati all’estero (anche in paesi diversi rispetto alla Romania).
La positiva situazione di vita testimoniata non è stata immediata, ma il frutto di anni di sacrificio che comunque, con la partenza, erano stati messi in conto. Giunti in Romania per lavorare o, comunque, per trovare una sistemazione occupazionale ed economica in grado di rispondere positivamente ad esigenze e aspettative, oggi gli italiani raggiunti nell’ambito di queste interviste, si dichiarano felicemente integrati. Il 53% vive in una casa di proprietà, parla prevalentemente anche in casa la lingua romena; si informa indifferentemente attraverso la stampa romena e quella italiana (90%), guarda programmi televisivi e ascolta programmi radiofonici sia italiani che romeni (63% mentre il 14% solo romeno). È stata superata la situazione di bisogno ma non è stato raggiunto un benessere vero e proprio, ma una piena e ottimale condizione economica riscontrabile peri connazionali in altri contesti migratori. Infatti, il 60% del campione non ha una casa in Italia; il 92% non invia soldi in Italia e il 70% non trascorre le vacanze in Italia, non solo perché non interessa farlo (27%), ma anche perché mancano le risorse (43%).
Essi sono vicini alla politica nazionale: il 64% ha partecipato alle ultime elezioni dei parlamentari della Circoscrizione Estero e la metà ritiene che questa sia un’adeguata forma di rappresentanza. Il 58% si dice anche soddisfatto dell’operatività dei consolati.
Notevole è invece la distanza dal contesto religioso (il 61% si dichiara non religioso e l’88% non frequenta la chiesa locale) e dal mondo associazionistico italiano (il 68% dichiara di non essere iscritto ad alcuna associazione di connazionali).

Italiani in Romania. Indagine Migrantes 2010
Italiani in Romania (Aire 2010) 2.910
Romeni in Italia (stima Dossier Statistico Immigrazione 2010) 888.000
Campione Indagine 2010  – 200
di cui maschi (%) 62,5
di cui nati in Italia (%) 99,0
di cui con titolo medio-alto (%) 69,0
di cui celibi (%) 35,5
di cui conviventi (%) 20,0
di cui coniugati (%) 29,0
di cui senza figli (%) 65,0
di cui in Romania da 5 anni (%) 36,0
di cui in Romania da 10 anni (%) 36,0
di cui in Romania da 15 anni (%) 20,0
di cui in Romania da più di 15 anni (%) 6,0
di cui iscritti all’Aire (%) 86,0
lavoratore dipendente (%) 46,0
lavoratore autonomo (%) 20,0
casalinga (%) 7,5
pensionato (%) 11,0
studente (%) 6,0
in cerca di prima occupazione (%) 6,5
disoccupato (%) 1,5
Possesso casa di proprietà in Romania (% sì) 53,0
Possesso casa di proprietà in Italia? (% no) 59,0
Invio di soldi in Italia? (% no) 59,0
Vacanze in Italia? (% sì) 30,0
Lettura della stampa italiana? (% sì) 90,0
Lettura della stampa romena (% sì) 90,0
Programmi Tv/radio seguiti in prevalenza (%)
locale 14,0
italiana 23,0
entrambe 63,0
Religiosità (% no) 61,0
Frequenza della chiesa locale (% no) 88,0
Iscrizione ad una associazione di connazionali (% no) 68,0
Partecipazione alle elezioni parlamentari della circoscrizione estero (% sì) 64,0
Soddisfazione circa l’operatività dei consolati (% sì) 58,0

FONTE: Rapporto Migrantes Italiani nel Mondo. Elaborazioni su dati vari

Etichete: Italia, românia

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